Questo corso è strutturato per dare delle conoscenze base sui tessuti, così da poter avere un approccio più sostenibile alla scelta di un materiale in ambito di progettazione ma anche di acquisto di un capo o manufatto tessile.
Più sostenibile rispetto a cosa?
Ad oggi un capo, prima di entrare nel nostro armadio, ha alle spalle reperimento della materia prima, trasformazione, tintura, tessitura, confezione e distribuzione (con relative risorse e scarti), per trovare di fronte a sé un utilizzo medio di, secondo le statistiche, non più di un anno, dopo cui venir gettato.
Secondo le evidenze (Ellen MacArthur Foundation, A new textiles economy: Redesigning fashion’s future) se la vita media dei capi raddoppiasse si diminuirebbero le emissioni gas serra del 44%; consequenzialmente, se un consumatore acquistasse meno con lo stesso budget attuale, da un punto di vista ecologico verrebbero sfruttate meno risorse e da un punto di vista etico sarebbero possibili migliori condizioni di lavoro.
In quest’ottica è chiaro come sarebbe meglio i capi restassero più a lungo nei guardaroba dei consumatori.
Se il consumatore non può fare altro che essere informato e fare scelte consapevoli, i produttori potrebbero creare capi che possano essere desiderati nel proprio guardaroba più a lungo.
L’obiettivo finale è quello di essere nella posizione di immettere sul mercato, creare o acquistare prodotti, il più possibile sostenibili in quanto a materiali e durata.
Se infatti non esistono materiali a “costo zero” in termini di risorse impiegate (energia, materie prime, manodopera…) e ripercussioni ambientali (qualsiasi processo produttivo implica scarti e consumi), è possibile:
- Ottimizzare la nostra scelta in base alle necessità d’uso del prodotto finale;
- Scegliere per il progetto l’opzione più sostenibile in termini etici ed ecologici.
Col primo passo, troveremmo un capo che avrà miglior vestibilità, confort, semplicità di cura e infine durabilità.
Le caratteristiche di confort e vestibilità faranno “affezionare” il consumatore, consumatore che lo avrà perciò con sé a lungo, grazie anche alla “facile” cura dello stesso, abbassando così l’impatto ambientale del capo.
Se infatti si scelgono i giusti materiali in relazione all’utilizzo, si otterranno capi di miglior qualità e dalla vita più lunga in quanto non danneggiati dai lavaggi o dall’uso; questo, come è intuibile, potrebbe sicuramente “ammortizzare” lo sfruttamento di risorse utilizzate nella realizzazione del capo.
Col secondo passo, fra le scelte disponibili sul mercato e coerenti con le necessità d’uso del capo stesso, si potrà scegliere un materiale il cui impatto di produzione sia migliore e che a fine vita possa essere magari riciclato.
Questo non necessariamente vuol dire, come vedremo, scegliere materiali naturali.
Ho fino ad ora parlato di materiale in generale e non fibra, filato o tessuto, perché spesso si crea confusione fra questi elementi. Sono però loro a dare le peculiarità al capo finale e sono quindi i fattori decisivi in una scelta consapevole.
Li andremo a vedere uno ad uno, così da avere una migliore prospettiva sulle energie e risorse che si impiegano per ottenere il tessuto finale che potreste scegliere o trovare sullo scaffale.
Partiamo dal presupposto che qualunque materiale necessita di materia prima, sia essa di origine naturale, artificiale o sintetica, questa risorsa va poi filata e in seguito tessuta.
Quando parliamo di fibra naturale, facciamo riferimento a un materiale che deriva da piante o animali.
Possono perciò essere fibre vegetali che derivano da seme, da stelo, foglia o frutto, o fibre animali ricavate dal vello, la pelliccia o secrezioni (senza necessariamente mettere in pericolo la vita dell’animale).
A rendere interessanti questo tipo di fibre sono il confort, l’essere biodegradabili o derivare da fonti rinnovabili ma allo stesso tempo andrebbero considerate le risorse impiegate nell’agricoltura o allevamento spesso non trascurabili in termini di sostenibilità ambientale o etica.
Quando parliamo di fibra artificiale, facciamo riferimento invece, ad un materiale risultante sì da una manipolazione umana, ma con “ingredienti naturali”.
Di solito risultante infatti, da un trattamento alla cellulosa di vegetali, tramite procedimento non propriamente ecosostenibile in quanto a sostanze di scarto, o alla lavorazione di proteine.
In questa categoria però, si sono recentemente aggiunte opzioni più sostenibili da prendere assolutamente in considerazione.
Interessantissime caratteristiche di queste fibre è il loro essere biodegradabili, il non avere in sé significanti tracce delle sostanze chimiche di lavorazione e l’avere proprietà spesso assimilabili soltanto a fibre sintetiche o più pregiate.
Quando parliamo di fibra sintetica, come è intuibile, parliamo di un prodotto di sintesi e quindi materiali generalmente derivati del petrolio o minerali.
Di uso diffusissimo per via del basso costo, la semplice reperibilità e i suoi innumerevoli possibili utilizzi, questa fibra (in base alla lavorazione) può avere qualità quali l’impermeabilità, l’elasticità, l’essere antipiega, la veloce asciugatura o la semplicità di tintura.
Se è vero che non è biodegradabile e generalmente responsabile di microplastiche in fase di lavaggio, è l’unico materiale che (in purezza) è riciclabile e riutilizzabile in ambito tessile all’infinito.
Le fibre saranno preparate per poi essere filate e in seguito intrecciate allo scopo di ottenere un tessuto o un telo in maglia.
La filatura ha lo scopo di ottenere un filo di lunghezza indefinita, spessore desiderato, uniforme per aspetto e tenacia; per questo si utilizzano diversi mezzi e procedimenti che dipendono dal tipo di filato che si vuole ottenere ma anche dal tipo di fibra che si sta lavorando.
Prendiamo come esempio la filatura del cotone:
- Ne vengono raggruppati e mischiati anche di lotti differenti (il meno possibile disomogenei fra loro) in delle camere;
- La massa ottenuta viene poi aperta e battuta al fine di eliminare elementi estranei e polvere creando così una “tela di ovatta” in cui le fibre sono disposte casualmente;
- Questa “tela” viene cardata per ottenere una striscia di fibre tessili stretta, sottile e lunga dove le fibre sono disposte parallelamente (al verso della lunghezza);
- Questo nastro viene sovrapposto ad altri per poi essere stirato per assicurarsi che le fibre siano parallele e per rendere il nuovo nastro uniforme nello spessore ottenendo il titolo desiderato (il titolo è l’unità di misura che definisce lo spessore del filato tramite un rapporto peso-lunghezza del filo). In questo passaggio il nastro viene, in contemporanea allo stiramento, leggermente ritorto perché non si rompa nel procedimento;
- Lo stoppino ottenuto viene filato ottenendo così spessore e torsione definitiva, diversi filatoi danno caratteristiche differenti al filato che può quindi essere molto fini e ad alta torsione, utili per esempio per l’ordito, o magari filati più deboli, adatti a lavorazioni delicate (es. maglieria) o trama;
- Il filato viene infine avvolto in rocche o matasse per essere sotto posto a ulteriori finissaggi e/o tessitura.
Da notarsi che se si stanno lavorando fibre abbastanza lunghe, oltre alla cardatura le fibre vengono pettinate per togliere fibre corte e ulteriori impurità, si otterrà un nastro cardato fatto da fibre parallele e di lunghezza omogenea. Con questa fase si ha uno scarto di circa il 28% della materia iniziale, le fibre scartate vengono utilizzate per realizzare filati di minor qualità o per ovatte.
È perciò un procedimento, come intuibile, molto articolato; circa la differenza di procedimento in base alla fibra di partenza si basti dire che, parlando di fibre sintetiche, che gli alti polimeri (le sostanze sintetizzate e ingrediente base) vengono, prima sciolti (in solventi o fusi) per poi essere estrusi in filamenti che vengono poi torti e fissati per creare fili continui o previo trattamento tagliati in misura utile a essere filati (es. in combinazione ad altre fibre).
Una volta consapevoli delle fibre che potrebbero avere caratteristiche adatte alle nostre esigenze, dovrà essere individuato il tessuto nel quale sceglierle.
Saranno i diversi tipi di “intreccio” a dar forma ai differenti tessuti, che in unione alla fibra utilizzata daranno caratteristiche (es. la traspirabilità, lucentezza, trasparenza, resistenza, sottigliezza, etc.) andremo perciò ora a prendere in considerazione le specifiche caratteristiche delle fibre seguendo le categorie precedentemente elencate.
Grazie per aver completato la prima lezione gratuita del corso Materiali e tessuti